Immagino il dolore come le spie dell’automobile che, accendendosi, avvisano il conducente di ingranaggi che non stanno funzionando, avvertono della mancanza o del bisogno di qualcosa. È necessario trovare una posizione comoda nel dolore poiché, presto o tardi, lo si incontrerà essendo condizione ineluttabile dell’esistenza umana, seppur diffusissimo è il tentativo di eliminarlo. È un meccanismo biologico e spirituale, sofisticato, complesso e immensamente generoso perché ci segnala un problema, richiamando prepotentemente, dopo numerosi tentativi inascoltati, la nostra attenzione.È, allora, sintomo, non malattia. Talvolta, cado ancora nella tentazione di voler estirpare in fretta il dolore che provo o di alleviare velocemente quello delle persone che amo o di quelle che incontro nel mio lavoro. È solo nell’ascolto profondo del cuore che recupero la comprensione che, senza sintomi, nessuno potrebbe davvero guarire.Il dolore allora assume ai miei occhi, le sembianze di un dono che arriva per salvarci, per aiutarci a prenderci cura di noi. La società attuale, sempre più assuefatta dal male, tende a seppellire sotto gigantesche ondate di distrazioni (veri e propri anestetizzanti), il cuore, che rischia di incancrenirsi, di assuefarsi alla bruttezza, fino a non vedere e a rifiutare ogni forma di bellezza e di salvezza, fino al punto di non avere più niente di bello da chiedere. Quando giochiamo alle tre campanelle con la Vita, ci ritroviamo, puntualmente, a sollevare il bicchiere giusto affinché possiamo (ri)svegliarci. Acciaccati, stremati, anchilosati, ma finalmente autentici, onesti, veri e consapevoli. Moltissimi percorsi interiori, di risveglio, nascono proprio da un grande dolore che con il tempo si impara a considerarlo un punto di partenza, un inizio e non la fine. Frequentemente noto quanto la rabbia diventi mera consolazione per il dolore; il cercare e poi trovare un colpevole esterno diventa una, seppur fittizia, soluzione. Un vicolo senza via d’uscita perché, presto o tardi, finiamo tutti per prendercela con chi abbiamo più a portata di mano: noi stessi. In questo modo il dolore diventa una punizione, una pena giusta e meritata per espiare quelle che consideriamo nostre responsabilità o, peggio, colpe. In realtà, lo scioglimento del dolore sta solo nell’incessante ricerca dei significati di questo, perché se trova un senso allora il cuore è in pace, il giudice interiore può riposarsi. È il non-senso a renderlo insostenibile.
Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata a noi. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria.
Queste parole sembrano indicarci che la quantità di dolore vissuto è direttamente proporzionale alla sensibilità, alla profondità che il nostro cuore avrà. Non a caso, quando parliamo con una persona che definiamo “di sostanza”, “di spessore”, generosa d’animo immediatamente pensiamo che è stata sicuramente la sofferenza a renderla così bella. È paradossale: tentiamo di risolvere disperatamente un problema, ma in realtà è lui che sta risolvendo noi. La grandezza e l’apertura del cuore arrivano dal dolore. Non sono però processi automatici o scontati perché la sofferenza rende profondi solo se la si accoglie, se non la si nega o annega. Se la si rifiuta o la si “inganna con gli inganni” della mente, ci fa appassire inesorabilmente. Il dolore è un bivio: se andremo da una parte saremo diretti verso sconfinati prati fioriti e profumati, dall’altra incontreremo solo paesaggi brulli. Il dolore è profondità, novità, evoluzione, crescita. Quando si manifesta dobbiamo fare lo sforzo di accoglierlo con amorevolezza. È uno strumento di cui si serve l’Universo per indicarci la via per qualcosa di più serio, autentico e vero. Sarà l’inizio di un cambiamento. Quando siamo nel dolore, tutti noi ci sentiamo e appariamo come le palline impazzite di un flipper. Impegniamoci nel lasciare che faccia il suo corso, che quella pallina lentamente impari la strada, che compia la sua opera.È solo una parte della storia perché quella del dolore è una condizione provvisoria. Allora mettiamoci comodi.
Dott.ssa Marika Lovecchio Psicologa e Naturopata Infantile
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