Non si parla mai a sufficienza della resa, dell’arrendersi, del lasciarsi andare. La resa è, troppo spesso, erroneamente intesa in un’accezione negativa, associata alla dimensione del fallimento. Credo però sia necessario parlarne e farne esperienza.Spesso mi domando se, forse, ogni nostra sofferenza o stato di confusione non nasca dal non aver appreso profondamente ad arrendersi completamente ed umilmente.Nelle Persone che incontro quotidianamente e nella mia intima esperienza personale, mi sembra di comprendere che il dolore sia tanto più intenso quanto, a livello della nostra anima, non siamo pronti ancora ad arrenderci, abbandonarci. A consolare, con autentica compassione, il nostro Ego, la nostra personalità, i bambini che siamo stati e che ci abitano per poter aprire le braccia a parti di noi che sono profondamente più misteriose e inesplorate.Ed è proprio questo incomprensibile mistero su noi stessi, sfuggente al raziocinio che credo spaventi la nostra personalità, il nostro Ego e a farci, quindi, resistere e ancora resistere al cambiamento.Possiamo parlare di questo concetto da infiniti punti di vista, ma, forse, la resa è sperimentabile e sperimentata veramente quando siamo a pochi passi dal precipizio perché credo che quel lasciarsi cadere giù sia l’unico modo che abbiamo per APPRENDERE veramente. Per evolvere, come esseri umani e come anime.Arrendersi è necessario per imparare quello che ci fa, ripetutamente, perdere, per imparare a comprendere ciò che è autenticamente e davvero nostro.E allora solo quando ci lasciamo andare alla fiducia di ciò che profondamente siamo, alla fiducia di un Sè superiore che sempre sa ciò che è più giusto per noi, alla fiducia di un cammino di vita già disegnato per noi che la sofferenza può iniziare a lenirsi e possiamo cominciare a raccogliere diamanti di gioia e felicità.
Marika Lovecchio, Psicologa e Naturopata Infantile
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