Sono diversi giorni che osservo con amore la pianta di orchidee che vive sul tavolino del mio studio. Le ho riservato un posto d’onore perché è la zona più luminosa della stanza. Conosco bene il ciclo dei suoi fiori, sono i miei preferiti in assoluto forse perché necessitano di tanta cura e delicatezza. Dopo mesi di profumata e maestosa apertura, iniziano a ingiallirsi, si fanno scuri fino ad accartocciarsi per poi cadere sulla terra che li ha nutriti per molto tempo. Ogni volta, sento la mia parte adulta che lotta con quella bambina; lei protesta forse perché avrebbe bisogno di più tempo per assorbire la perdita di quei fiori, per abituarsi a quel vaso vuoto per poi arrendersi con meraviglia a quel naturale e lento rituale che sa di vita e di morte. Non so mai per quanto i suoi rami rimarranno spogli, ma so con certezza che un giorno qualunque arriverò qui e vedrò i fiori improvvisamente nati, senza che nemmeno mi sia potuta accorgere del loro spuntare. Questo ciclo invece, mi ha molto sorpresa. Sono diverse settimane che ci sono i boccioli e molti di più rispetto al solito, ma i fiori tardano a spuntare. Questa gestazione, ha forse bisogno di più tempo? Oggi, mentre guardavo questo insolito processo, tentando di districarmi tra il mio sentire, è emersa una grande compassione verso me stessa. La mia bambina interiore è sempre stata impaziente nel voler vedere quei fiori nascere, così da poter allontanare con altrettanta fretta, il disagio di averli visti cadere e la fatica intollerabile di sostare nel vuoto dei suoi rami perché lei è stata spesso intimidita dalle voci adulte, frenetiche e insistenti nel volerle suggerire come comportarsi o, peggio, sentirsi. Ho sentito compassione per il mio rifiuto verso quel ciclico rituale che ha fatto poi spazio, alla saggezza di questa orchidea. Sento che la compassione e la saggezza camminano a braccetto e che imparare ad osservare un processo interiore richieda un’accettazione compassionevole della realtà, altrimenti si rischia di perdere grandi occasioni di evoluzione.Se rimaniamo sempre invischiati nelle nostre emozioni negative e nella fretta di silenziarle, potremmo non essere sufficientemente aperti per coglierne i significati. Spesso infatti ci limitiamo solo a sopportare il dolore, sprecandolo. I fiori di quell’orchidea non sanno di quanto tempo necessiteranno prima di aprirsi, non sanno per quanto avranno bisogno di rimanere sospesi tra le braccia calde dei boccioli che li avvolge. Non sanno quanto lunga sarà la loro gestazione. Sostano lì, con compassione e saggezza fino a quando non saranno pronti.
Dott.ssa Marika Lovecchio Psicologa e Naturopata Infantile
Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Può conoscere i dettagli consultando la nostra privacy policy qui. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.